“Mi chiamano vu cumprà, ma mio figlio sarà avvocato”

Un giorno del 1988 arrivò in Italia un uomo mite, la pelle d’ebano e le tasche piene di sogni. Veniva dal Senegal, non aveva nemmeno trent’anni e si chiamava Alì. Cercava un futuro dignitoso per i suoi figli e una vita migliore di quella passata a immaginarla. Si mise a vendere accendini per le vie di Milano, ogni tanto ne consumava qualcuno per scaldarsi le mani e mai ne ha offerto uno ai passanti senza un sorriso. «Quelli come me qui li chiamano vu cumprà» spiegò a sua moglie in una delle prime telefonate a casa. «Mi sento come un ladro ma tu lo sai che io non lo sono e con l’aiuto di Dio ce la faremo a costruire una casa in questa terra. Tu, io, i nostri figli».
Francesca Fialdini, «Il sogno di un venditore di accendini» (Citta Nuova)
Francesca Fialdini, «Il sogno di un venditore di accendini» (Citta Nuova)
Sono passati quasi trent’anni. Oggi Alì vive a Casalpusterlengo, alle porte di Lodi, con la moglie e i suoi tre figli. E i sogni coltivati con fatica e tenacia hanno dato forse più frutti di quanti lui stesso ne aspettasse. La casa tanto desiderata, un lavoro da operaio per lui e uno da domestica per sua mogie. Stipendi modesti ma Alì se li è fatti bastare: ha risparmiato un centesimo dopo l’altro per l’istruzione dei suoi figli e adesso il suo primogenito Abdoulaye Mbodj, per tutti Abdou, è il primo avvocato africano del Foro di Milano, sua figlia è ingegnera civile e il terzo arrivato studia come perito agrario.

Di tutto questo ci racconta l’inviata e conduttrice Rai Francesca Fialdini nel libro Il sogno di un venditore di accendini (edito da Città Nuova, con un saggio finale di Gian Carlo Perego). Lo fa immaginando lettere che il capofamiglia spedisce a casa, nella sua terra lontana, o che il figlio scrive ai genitori quando — da grande — torna in Africa. Un romanzo, si annuncia in copertina. Ma basta cercare via Internet chi è Abdoulaye Mbodj per capire che questo romanzo (a parte i nomi che nel testo non sono quelli veri) in realtà è quasi cronaca, quasi vero più del vero.
È il racconto reale di un riscatto, di giorni e notti scanditi dalla fame, dalle umiliazioni, dall’incertezza. Finché un uomo buono, un italiano, non ha dato a quel padre che vendeva accendini una possibilità. Francesca ha conosciuto Abdou durante una premiazione, ha ascoltato la storia della sua famiglia e, come dice lei, «ne sono rimasta catturata, perché contiene in sé tutta la forza, l’umanità e la bellezza di chi sa lottare fino in fondo per realizzare i suoi sogni». Ma è anche una bella storia di mani tese, di italiani che hanno aiutato ogni volta che hanno potuto.
Abdou giura che «mai una volta mi sono sentito discriminato» e ricorda con emozione il suo primo giorno di scuola, «quando mi sono presentato col grembiule, scortato da papà e dal nostro vicino, diventato un amico fraterno». È stato tanto tempo fa. L’avvocato Abdou adesso ha 31 anni. Molti, moltissimi altri dopo di lui non ce l’hanno fatta. Ed è a loro che Francesca dedica il suo libro.

Fonte: 27esimaora.corriere.it

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